Disoccupate le strade dai sogni - Anno 1977



Alba Meccanica

L'alba s'inventa una ruota a Torino
L'alba s'inventa una ruota a Milano
L'alba s'inventa una ruota a Bologna
L'alba s'inventa una ruota a Berlino
L'alba s'inventa una ruota a Napoli
L'alba s'inventa una ruota a Roma
Meccanicamente all'arrivo del sole,
cominciano tutte a girare da sole,
cominciano tutte a girare ...

L'alba s'inventa un ingranaggio
Il sole lo unge con il suo grasso
L'alba s'inventa una ruota che gira
Respira compagno l'aria che tira
Respira compagno una goccia di grasso
Che esce da questo ingranaggio
Ma non respirarla con cortesia
E' la socialdemocrazia
E non respirarla troppo forte
E' la meccanica della tua morte,
la meccanica della tua morte,
della ...

 

Incubo Numero Zero

Il giorno di solito comincia sporco
come l'inchiostro del nostro giornale
scritto sui bianchi muri delle prigioni della repubblica
federale.
Che giorno per giorno avanzando tranquille
son quasi davanti alla tua finestra
con un corteo di stesse e scintille e i tamburini la banda
l'orchestra.
Spegnete la luce pensava Ulriche
che la foresta più nera è vicina,
ma oggi la luna ha una faccia da strega
e il sole ha lasciato i suoi raggi in cantina.
Spegnete la luce pensava Ulriche
che la foresta più nera è vicina,
ma un jumbojet scrive "viva il lavoro"
col sangue, nel cielo di questa mattina.

Con un megafono su un autobus rosso
un Cristo uscito dal Circo Togni
comincia un comizio con queste parole
"disoccupate le strade, dai sogni,
disoccupate le strade dai sogni
sono ingombranti, inutili, vivi
i topi e i rifiuti siano tratti in arresto
decentreremo il formaggio e gli archivi.
Disoccupate le strade dai sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore.
Disoccupate le strade dai sogni,
ed arruolatevi nella polizia,
ci sarà bisogno di partecipare
ed è questo il modo
al nostro progetto di democrazia.
Disoccupate le strade dai sogni
e continuate a pagare l'affitto
ed ogni carogna che abbia altri bisogni
dalla mia immensa bontà sia trafitto.
Da oggi è vietata la masturbazione
lambro e lambrusco vestiti di nero
apriranno le liste di disoccupazione
chiudendo poi quelle del cimitero,
e poi, e poi,
poi costruiremo dei grandi ospedali,
i carabinieri saranno più buoni,
l'assistenza forzata e gratuita per tutta la vita
e un vitto migliore nelle nostre prigioni.
Disoccupate le strade dai sogni
e regalateci le vostre parole,
che non vi si scopra nascosti a fare l'amore
i criminali siano illuminati dal sole.
Disoccupate le strade dai sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai sogni,
disoccupate, disoccupate ... "

A questo punto arriva un trombone
cammina col culo però sembra alto
intona commosso una strana canzone
il Cristo la canta e mi è addosso, in un salto.
"Disoccupate le strade dai sogni
non ci sarà posto per la fantasia
nel paradiso pulito operoso
della nostra nuova socialdemocrazia."

A questo punto mi butto dal cielo mi butto dal letto
e do un bacio in bocca a un orribile orco
e lecco l'inchiostro, lecco l'inchiostro, del nostro giornale.

E' vero che il giorno sapeva di sporco
E' vero che il giorno sapeva di sporco
E' vero che il giorno sapeva di sporco
E' vero che il giorno sapeva di sporco

 

La Socialdemocrazia

Il nemico, marcia, sempre, alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove è,
che marcia alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove è,
che marcia alla tua testa.
Ma che nebbia, ma che confusione,
che aria di tempesta,
la socialdemocrazia è
un mostro senza testa.

Il nemico, marcia, sempre, alla tua testa.
Ma una testa oggi che cos'è?
E che cos'è un nemico?
E una marcia oggi che cos'è?
E che cos'è una guerra?
Si marcia già in questa santa pace
con la divisa della festa.
Senza nemici né scarponi e
soprattutto senza testa!

La socialdemocrazia non va
a caccia di farfalle.
Il nemico marcia in testa a te
ma anche alle tue spalle.
Il nemico marcia con i piedi
nelle tue stesse scarpe.
Quindi anche se le tracce non le vedi
è sempre dalla tua parte.

La socialdemocrazia è
un mostro senza testa.
La socialdemocrazia è
un gallo senza cresta.
Ma che nebbia, ma che confusione
che vento di tempesta.
La socialdemocrazia è
quel nano che ti arresta.

 

Analfabetizzazione

Più del vento sarà,
la mia bandiera forte.
Più del vento sarà,
più del vento.
La mia madre l'ho chiamata sasso,
perché fosse duratura sì,
ma non viva.
I miei amici li ho chiamati piedi,
perché ero felice solo
quando si partiva.
Ed il mio mare l'ho chiamato cielo,
perché le mie onde arrivavano
troppo lontano.
Ed il mio cielo l'ho chiamato cuore,
perché mi piaceva toccarci dentro il sole
con la mano.
Non ho mai avuto un alfabeto tranquillo, servile,
le pagine le giravo sempre con il fuoco.
Nessun maestro è stato mai talmente bravo,
da respirarsi il mio ossigeno ed il mio gioco.
Ed il lavoro l'ho chiamato piacere,
perché la semantica è violenza
oppure è un'opinione.
Ma non è colpa mia, non saltatemi addosso,
se la mia voglia di libertà oggi è anche bisogno
di confusione.
Ed il piacere l'ho chiamato dovere,
perché la primavera mi scoppiava dentro
come una carezza.
Fondere, confondere, rifondere
infine rifondare
L'alfabeto della vita
sulle pietre di miele
della bellezza.
Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.
Ed il potere da quel giorno m'insegue,
con le sue scarpe chiodate di paura.
M'insegue sulle sue montagne,
quelle montagne che io chiamo pianure.

 

Attenzione

Attenzione io so che questa casa aperta a tutti è sempre piena di compagni,
i fiori che dipinge la tua mano sono belli e tanto colorati.
Però ci si affeziona anche alla propria fantasia alla propria confusione al proprio essere persi in mezzo al mare,
e le vele e le reti e le prigioni sono calde e danno sicurezza proprio come dei santi incorniciati.
Attenzione che non ci si risvegli una mattina con qualche cosa da salvare.

Attenzione non è vero che son morte le sirene che le navi vanno avanti,
Attenzione trasformatevi in dei ragni se solamente avete voglia di scappare,
Attenzione che non ci ritroviamo con la testa di un serpente incapace di strisciare,
tra i fori ancora aperti di un'idea.
Attenzione a non lasciarsi per la strada i gesti le parole necessarie per parlare
Attenzione a non svegliarsi una mattina senza la voglia di cambiare.

Attenzione lo so che il mantello di quel vecchio partigiano è sempre in prima fila lì sull'attaccapanni,
e poi che la pazienza è una virtù e che il sole nascerà con l'acqua e con la neve di chissà tra quanti anni,
Attenzione lo so che il fucile è lì nascosto in quel libro di racconti,
però che non diventino ricordi o fantasie, che non sia caricato solamente a sogni.
Attenzione che non ci troviamo una mattina per le strade,
a raccontarci le nostre storie di bambini nati morti
e magari, magari anche con soddisfazione.
Attenzione che non ci ritroviamo tra le mani la paura calda immensa e vera dentro il corpo nella testa,
tra le mani la paura calda immensa e vera della rivoluzione.

 

Canzone dell'amore o della precarietà

Precarietà ci punta un dito sulla schiena,
il suo ricordo ci addolora,
la sua presenza ci spaventa
e se le mani si toccano senza comprensione,
il gioco vince dieci volte,
perde forze, l'immaginazione salta
di palo in frasca tra noi due.

Domani sarà un giorno senza numeri
i tuoi vestiti scalderanno un altro.
E l'unica felicità che oggi la scienza,
della vitalità può concepire registrare,
sopra un treno, su un giornale, registrare ...
La quiete la tempesta il temporale,
il girotondo del respiro strano,
in questa vita distratta ed interrotta,
però bacerebbe ogni angolo deserto,
della tua bocca e della tua mano,
della tua bocca ...

 

Canzone scritta su un muro

Salve ragazzo che passi il giorno,
alla finestra della tua stanza.
Finché tristezza insieme alla sera,
accende finestre in lontananza.
Guardi le spalle di chi lavora,
davanti a te.
Corpo di uomo, scarica casse,
chissà perché.
Quando vorrai buttarti di sotto,
e fare i conti con la tua impazienza
e accenderai la sigaretta
di cui il condannato non può fare senza.
Questa canzone scritta su un muro
ti arriverà ne sono sicuro,
con le sue povere scarne parole,
libere come ragazze sole,
questa canzone scritta di niente,
sceglierà te tra tutta la gente,
per l'ultimo brindisi l'ultimo addio,
l'ultima cara bestemmia "per dio!".

E salve uomo che ogni mattina,
rinunci a un grammo del tuo destino,
salti su un tram intirizzito,
addormentato dentro a un vestito.
Fra i marciapiedi lisci e deserti
di una città,
chissà se il sole questa mattina,
ti troverà.
Il giorno che vorrai dire basta,
il giorno che scuoterai la testa,
e vorrai prender quel che ti spetta,
dalla tua vita e da chi la calpesta.
Questa canzone scritta sul muro,
ti arriverà vorrei esser sicuro,
con le sue povere scarne parole,
libere come ragazze sole.
Questa canzone scritta di rosso,
sarà con te a saltare quel fosso,
sarà con te insieme a te canterà,
il primo giorno di libertà.

E salve gente senza un colore,
senza un problema senza un dolore,
gente coperta da scorie gravi,
per ogni occhio ha almeno due travi,
gente sepolta dal carnevale di una città,
sotto il peso di una tremenda felicità.
Gente che ride quando si parla,
gente che ride quando si canta,
gente convinta che vivere sia,
accontentarsi e godersi quel tanto.
Questa canzone scritta sul muro
vi colpirà ne sono sicuro,
con le sue povere scarne parole
ma libere come ragazze sole,
questa canzone scritta di rabbia,
ognuno di voi per sua voglio che l'abbia,
per me sarà stringervi tra le mie braccia
e uno ad uno sputarvi in faccia.

Salve ragazzo con la chitarra,
che sporchi i muri di una città
e godi ormai sopra una panca
il tuo primo sonno in tranquillità.
A grandi passi scopre il misfatto
il nuovo mattino.
Con la tua morte scopre i tuoi segni
un po' da bambino.
A passi lenti verrà col secchio,
della vernice un imbianchino.
Sbuffando oggi doppio lavoro,
tutto per colpa di questo cretino.
E la tua canzone scritta sul muro,
cancellerà ne sono sicuro
e basterà appena una mano,
perché il suo suono si spenga piano.
La tua canzone, il tuo testamento,
come una foglia goduta dal vento,
e dei tuoi amori, di quel che sei stato,
resterà solo quel muro imbiancato.

 

Autobiografia industriale

Il primo giorno,
che ho messo un piede alla EMI,
mi hanno guardato,
sembravano tutti un po' scemi.
Qualcuno diceva,
che ero il garzone del bar,
che aveva lasciato il caffé sulle scale,
qualcuno diceva,
che non ero normale,
qualcuno rideva, rideva ...
Il direttore,
una strana espressione sul viso,
fece una smorfia
che oggi voglio chiamare sorriso,
e mi introdusse
nel suo studio di uomo arrivato,
mi parlò di arcipelago o gulag,
e mi disse: "Io penso,
che oggi sia molto giusto assentire al dissenso,
al dissenso...".
Autobiografia industriale,
viva l'amore con l'industria culturale,
amore erotico e soddisfacente,
ma in definitiva,
un po' troppo esauriente.

L'arrangiatore,
dopo avermi ascoltato un pochino,
disse "non male,
è simpatico quel valzerino,
io ci vedrei,
sopra un primo e un secondo violino
e una viola che piange da sola,
perché no, una pianola,
qualche cosa che prenda
e che stringa alla gola, alla gola".
Il tecnico audio,
mi squadrò con un ghigno feroce,
ma il peggio è stato
quando ho fatto sentire la voce,
così piena di ragni di granchi di rane,
e altre cose un po' strane,
una voce da regno dei più,
o da festival del sottosuolo,
una voce oltretutto
che mi accompagnavo da solo.
Autobiografia industriale,
viva le tette dell'industria culturale,
tette opulente e dissetanti,
ma in definitiva un po' troppo pesanti.

Io a quel tempo,
stavo ancora aspettando Godot,
cioé aspettavo la morte
per poter dire "rinascerò",
fatto diverso,
collegato d'amore alle masse,
più cultura, più lotta di classe,
ma Godot non è mai arrivato,
si fa le cose sue,
ed è meglio così, certo
per tutti e due.
Come prodotto,
non sono riuscito un granché,
vendono certo,
molto più Jagermeister di me,
ma lo confesso,
questo in fondo è un piacere da poco,
e non prova che sono diverso,
seriamente diverso,
come amaro il tuo calice vita,
com'è amaro il tuo gioco.
Autobiografia industriale,
cioè come il latte dell'industria culturale,
un latte amaro, molto indigesto,
ma soprattutto un po' troppo caro.

La confezione,
con il marchio di verginità,
l'hanno affidata
a un fotografo di qualità,
che in verità,
al vedermi rimase perplesso,
con quella faccia da fesso
potrei fotografarlo,
solamente in un cesso, magari
con un po' di velluto rosso.
Il primo giorno
che ho messo un piede alla EMI,
mi hanno guardato,
sembravano tutti un po' scemi,
ma oggi ho capito
che di tutti il più scemo ero io,
l'unico che si prendeva sul serio
e restava anche male,
un incrocio terribile insomma,
tra un coglione ed un criminale.
Autobiografia industriale,
come inserirsi nell'industria culturale,
cioé come possono gli intellettuali,
dare una mano,
per mantenere gli stessi rapporti sociali.

 

Da zero e dintorni

Ti viene mai compagna
la voglia di rinascere
su un camioncino diretto
treno espresso o accelerato.

Verso la sua punta
o verso le Eolie o Lipari
con un sole scenograficamente corretto
e anche pulito.

Lasciandoti alle spalle
l'odore acido dei giorni
in cui devi filtrare
il tuo senso come il té
e il carico gravoso delle nuvole
in gobba a fardelli in cui nascondi con stanchezza
tuo padre e tuo figlio,
l'amore che non hai.

Ti viene mai, ti viene mai ...

Ti viene mai compagna
la voglia di rinascere
con una gamba sola
magari anche, anche senza sigarette,
ma anche senza la fretta assurda
della nuova metropolitana
e senza il bisogno di sentirti naufragare
in un'isola lontana.

Tutte le volte che
ti guardi far l'amore
con in un occhio la rabbia
e in quell'altro la voglia ed il dolore,
con quel cane randagio
che ho bastonato stamattina sulla strada,
con quel cane randagio di tuo marito
che ti chiede come vai.

Ti viene mai, ti viene mai...

Ti viene mai compagna
la voglia di tornare
sulla strada battuta
dai sassi, dai venti,
dagli sputi del potere.
Quella strada che in sogno avevi
creduto di vedere
o di avere almeno immaginato.

Quella volta che sei arrivata
fin sulla porta
con la tua sciarpa rossa in mano
e i cioccolatini tra i denti,
talmente sbriciolati da sembrare persino
trasmigratori contenti di ansie,
quelle pozzanghere
su cui non riesci mai a volare.

Ti viene mai la voglia di tornare.

 

I giornali di marzo *

I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno spiegato,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno raccontato,
quello di ritrovare un accordo, un colloquio,
è sfuggito per miracolo al linciaggio.
Il più preoccupante per i medici è un carabiniere,
e mentre fanno un esame esterno del cadavere.
Senza sapere dove andare,
senza sapere che direzione prendere,
inginocchiarsi prendere la mira e sparare,
solo pasticceria memore della recente ferita è serrata,
nel primissimo pomeriggio
con il cielo ancora parzialmente sereno.

I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno parlato,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno chiarito.
Un bottegaio a guardia della sua bottega
guardati con rabbia da un capannello di persone,
ha l'orlo del pantalone perforato, grida,
m'ha salvato lo scarpone.
Alle 13.15 sono partiti alcuni colpi.
In un succedersi incalzante
di fughe assalti e contrassalti,
solo le poche centinaia di persone che non erano scappate,
da alcuni uffici sono stati portati all'aperto tavoli,
i nostri aspiranti tupamaros devono convincersi.

I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno capito,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno mentito.
Gli uomini sono scesi a terra già in assetto da campagna,
prudenza delle forze dello Stato,
hanno replicato con lanci a ripetizione di candelotti lacrimogeni,
è stato centrato alla schiena cadendo immediatamente.
Coi bottoni dorati e gli ottoni lucenti
fischiando la marsigliese,

mentre il vento fa il solletico ai sogni
rimasti impigliati nel cancello dei denti.

* Tutti i versi, tranne gli ultimi quattro, sono LETTERALMENTE ricavati dalle
cronache dei fatti dell'11 e del 12 Marzo, apparse su "Il resto del Carlino" e
su "Repubblica" di quei giorni.