La Prealpina 28-01-2000
Parla il protagonista di una delle svolte più importanti della nostra canzone
Claudio Lolli tra poesia e realtà
Fa tappa a Sesto Calende il "Viaggio in Italia" dell'autore di "Ho visto anche degli zingari felici"
Conciliare poliitco e privato non è mai stato facile. Non
lo era soprattutto negli anni Settanta. Eppure proprio in quel periodo c'era chi
pur partendo dalla riflessione su se stesso - o forse proprio per questo -
sapeva esprimere idee e sentimenti se non di tutti, almeno di molti. Il piccolo,
grande miracolo riusciva ad esempio a Claudio Lolli, cantautore (meglio, poeta)
per la sua vena autobiografica ma anche cantastorie, nel senso di presenza e
militanza nella realtà sociale. Capace sin dal primo album, "Aspettando
Godot", del '72, di unire ballate personalissime (la splendida "Michel",
in realtà sul valore universale dell'amicizia) a brani di lotta come
"Borghesia".
Gli anni del Movimento e dell'area dell'Autonomia, a cui l'artista era vicino,
sono lontani ma Lolli (senza nostalgia o, come precisa lui, "senza alcuna
intenzione di dimostrarla") ancora oggi ha molto da dire - sempre tenendosi
al riparo dalla TV e dalle leggi del mercato e delle promozioni - tanto al
politico quanto al privato. Ecco perché l'appuntamento di stasera - ore 21.30 -
alla sala Marna (preferita alla Sala consiliare perché più capiente) di Sesto
Calende è importante. Organizzato dall'Assessorato alla Cultura, dal Music Is
Life Club Only a Hobo e dal Buscadero, il concerto vede il cantautore bolognese
affiancato dal chitarrista Paolo Capodacqua. Compagno di questo "Viaggio in
Italia" tour (tra le tappe più recenti il Leoncavallo con 1300 persone)
che riprende il titolo del suo ultimo disco.
Un cd aperto da "L'amore ai tempi del fascismo", per una canzone
che sembra invece ambientata ai giorni nostri...
"Sì - spiega Lolli - ed è infatti una canzone che ho scritto ed è nata
un paio d'anni fa, registrando il progressivo degrado di Bologna, una città un
tempo aperta, tollerante, di sinistra che ha lentamente perso la sua identità.
Un abbruttimento testimoniato da episodi non eclatanti ma spie di una
preoccupante voglia di violenza repressa. Quando parlo di fascismo intendo
questo".
Il cambio al vertice di Bologna?
"Lo meritava certa sinistra, non lo meritavano i bolognesi".
Nei tuoi dischi più apprezzati lo sguardo al passato viaggiava acanto allo
slancio verso il futuro. E' così ancora ora?
"Penso di sì. Non c'è nostalgia ma il tentativo di capire - e non è
facile - cosa succede oggi. In quanto alla spinta verso il futuro, penso che non
sia mai venuta meno. Mi sento più rilassato e più tranquillo rispetto a un
tempo e sono contento di vedere ai miei concerti oltre a chi ha la mia età
anche diversi giovani che hanno in qualche modo fatto loro il mio
percorso".
I giovani del resto li conosci anche per la tua attività di professore ...
"E li trovo molto interessanti. Solo che sono un po' compressi, fanno
fatica a buttare fuori tutto il loro malessere e alla lunga questo diventa un
problema reale".
"Viaggio in Italia" ti ha fatto guadagnare il Premio Ciampi. Ciampi
fu un grande?
"Fu un grande davvero. Trasgressivo, graffiante, molto avanti su tutti. Al
suo confronto i testi di Vasco Rossi sembrano da educande. E poi la sua musica
... E un altro grande fu Tenco. Entrambi senza compromessi. D'accordo la tv, i
Festival, ma ai tempi loro non c'erano le radio libere, non si poteva scegliere
dove cantare".
A proposito di tv. "Michel" ha avuto - cosa rara - un ottimo
accostamento con il finale di "Quattrocento colpi"...
"Merito di Ciro Giorgini e gliene sono grato per due motivi. Perché
amo quel film di Truffaut e perché al contrario di altri ha colto come oltre la
tristezza e il dolore nella canzone - che è nata per un amico - fosse voglia di
vita".
L'album è arrangiato e prodotto da Mimmo Locasciulli ma tra i cantautori ci
sono altri amici?
"Uno in particolare: Francesco Guccini".
A lui del resto si deve il merito di aver scoperto Lolli, ascoltato all'Osteria
delle Dame di Bologna, e di avergli procurato un provino per la Emi. Permettendo
di aprire una pagina importante della musica italiana, comprensiva tra l'altro
di "Ho visto anche degli zingari felici" che vide per la prima volta
un nostro cantautore ampliare gli orizzonti musicali.
Diego Pisati