Liberazione 06-12-2000


Nessun uomo è un uomo-qualunque
Il poeta Gianni D'Elia, i Gang e due inediti ripescati dagli anni 70 nell'ultimo lavoro di Claudio Lolli che sarà presentato oggi a Roma

La fisarmonica dei Gang arriva, nitida, alla fine della prima strofa. E porta con sé tutto il resto: echi della canzone francese, sentori d'Irlanda, la canzone d'autore degli anni 70 e le lezioni dei decenni sucessivi. «La colonna sonora della nostra vita», scrive su internet un anonimo che interviene a proposito degli "zingari felici".
L'unico ad averli visti - «ubriacarsi di luna e rotolarsi per terra» - è Claudio Lolli che torna a Roma, stasera (Alexander Platz ore 22.30), a presentare "Dalla parte del torto" (Suonimusic 2000). Il lavoro, svolto a quattro mani con lo chansonnier Paolo Capodacqua, contiene questa versione di "borghesia" accompagnata dal gruppo dei fratelli Severini. A completare l'album, due inediti degli alli '70, un brano dedicato a Giancarlo Cesaroni (fondatore del Folkstudio scomparso due anni fa), tre "classici" ricontestualizzati e una poesia di Gianni D'Elia - "vecchia conoscenza" di Lolli e soci - che cuce le due parti del cd leggendo "Riascolando gli zingari felici", regalando la storia di un sax che fa il vento in una piazza deserta.
Lolli "soffierà" queste canzoni stasera leggendo i testi su spartiti e bigliettini. In tutto questo tempo non ha mai smesso di fare dischi e libri (mai seguito abbastanza da editori e discografici), muovendosi a mo' di vecchia talpa nello scambio di memoria e sogni di movimenti e generazioni. Sottotraccia, ma tenacemente, senza mai adagiarsi sulle centomila copie vendute da quella visione gitana già evocata più volte, il professore bolognese va avanti con la sua ricerca poetica, chi lo avesse cercato lo avrebbe trovato sempre "Dalla parte del torto". Il disco, prodotto da "storie di Note", ha potuto vedere la luce grazie alla passione all'impegno di Rambaldo degli Azzoni, Flavio Carretta e diego michelon che lo ha arrangiato. Ma il progetto è nato quasi per caso quando Tommaso, il primogenito di Lolli, rovistando in casa, ritrova una cassetta con alcuni pezzi che suo padre non ha mai inciso. «L'ho sbobinata io - racconta a Liberazione Paolo Capodacqua, chitarrista e cantautore - era una specie di "bloc notes" con dentro, fischiettati, i motivi di alcune canzoni. Da lì sono spuntati i due inediti ("Il mondo è fatto a scale" e "nessun uomo è un uomo qualunque"). È stato emozionante riascoltare cose di quella stagione». Capodacqua, di nove anni più giovane di Lolli, lo accompagna da dieci nei concerti e nel lavoro in sala: «fu Angelo Ferracuti, scrittore minimalista marchigiano - ricorda - a farci suonare insieme a Fermo». Da allora viaggiano insieme, «tra il colore del futuro e quello del passato». E per spiegare da che parte stannno hanno scelto un verso di Brecht.

di Checchino Antonini


Segnali di fumo da lontano

Proviamo a metterla così: nel sussidiario di mio figlio vedo un fumetto, un indiano, arroccato su una collina, con una coperta abilmente maneggiata, emette segnali di fumo. Il nemico, l'orrido nemico yankee, lo sterminatore, è vicino, e l'indiano parla con i suoi, perduti, amici.
Oppure proviamo a metterla così: Giancarlo Cesaroni ha tenuto aperto per decenni a Roma un locale squallido e affascinante: squallido dire (ancora) che ci è passato il grande Dylan, affascinante dire anche che ci è passato tutta la migliore musica d'Italia.
Certo, Giancarlo era, nel suo Folkstudio, un fondamentalista dei generi, quindi niente rock, niente pop, ecc... Si è perso una bella fetta di vita, ma ce ne ha regalata una ancora più grande. Perché Giancarlo, e l'indiano, erano seduti nel posto giusto, che poi era l'unico posto libero: il posto sbagliato, quello di quelli che hanno torto, che hanno (per adesso) perso la mano, di quelli che il poker e i cavalli hanno rovinati, che mangiano ogni tanto e spesso se ne dimenticano. Così ci è venuta in mente quella frase (o quel verso, non ricordo) di Bertolt Brecht, poeta comunista e quindi oggettivamente noioso e scandaloso: "ci siamo seduti dalla parte del torto / perché ogni altro posto era già occupato", perché tutti i nostri amici, e noi stessi, parliamo, emettiamo segnali di fumo, da posti lontani, piccoli, da siti poco frequentati, per quanto globalmente (sic!) fruibili. ci siamo, ci stiamo, arroccati in quella collina, e vogliamo continuare a starci. Adoro la musica leggera, mi piacciono tutti, da Nek a Jovanotti, ma dalla nostra collina, vorremmo emettere dei fumi diversi: è possibile parlare nel mondo senza pensare-positivo, senza buonismi e cattivismi e presunzioni, senza dire troppo, ma dicendo qualcosa.
Staremo sempre lì, seduti dalla parte del torto, con i minimi del nostro mondo, solo perché siamo fatti così e i minimi ci piacciono: i bambini, i vecchi, i poveri, i ladri, gli zingari, i drogati, ecc... ecc... Gli altri metteteli voi nella lista: sapete da quale parte trovarci: dalla parte del torto.

di Claudio Lolli