Mucchio Selvaggio n.422, 12/18-12-2000
CLAUDIO LOLLI
DALLA PARTE DEL TORTO
Storie di Note
Più che una recensione è un appello contro la piccola imbecillità di certi giornalisti e la loro colpevole omertà rispetto alla produzione di un artista che se fosse nato a Montreal (non dico a Duluth) godrebbe di ben maggiore rispetto e attenzione. non foss'altro per quello che ha detto, scritto, cantato in almeno due "classici" e intendo gli album Ho visto anche degli zingari felici (1976) e Disoccupate le strade dai sogni (1977), certamente dischi "politici" come si sarebbe detto allora, innegabilmente ideologici, ma felicemente ricchi di lucide soluzioni musicali e poetiche da autentica disillusione generazionale. "Ora si sa che i tempi cambiano" come mutua De Gregori da Dylan, nel senso che coerenza e rigore (salvo che sui campi di calcio...) non fregano niente a nessuno, ma spiace segnalare che finite "le ricreazioni del '68 e del '77" e, nonostante un'ennesima sequela di dignitosissimi album (14 in complesso), seppure realizzati con pochi mezzi, col "ritorno alla normalità", i più, fra gli addetti ai lavori, abbiano colpevolmente dimenticato Claudio Lolli. Così quegli stessi critici che si entusiasmano per l'ultima scoreggia di Celentano, per il manierismo contiano in salsa internazionale, per gli appelli "posticci" alla memoria del Che, come pure per l'anonimo song-writer di Des Moines o Croversdale Creek, restano indifferenti a canzoni come Nessun uomo è un uomo qualunque, o L'amore ai tempi del fascismo, o la splendida Folkstudio, ovvero alcune delle cose più belle dell'ultima produzione di Lolli, il quale indifferente ai condizionamenti dei tempi e dei costumi, continua a cantare e scrivere con il consueto talento, come riusciva forse al solo De André (e non suoni bestemmia o cazzata!). L'album Dalla parte del torto, ne conferma i pregi con il solo limite di non avere alle spalle sponsor & promotion e di suonare - a volte (l'album) - un po' "povero" (conseguenza inevitabile di un budget stringato...). In esso alcuni "inediti" (Nessun uomo è un uomo qualunque e Il mondo è fatto a scale) rinvenuti dagli anni di "Godot" e "Michel", altri in una nuova veste (da segnalare Borghesia realizzata coi Gang), alcuni nuovi. Tutti magistralmente interpretati dal nostro che ha voce e timbro inconfondibili. Di una certa suggestione una poesia di Gianni D'Elia Riascoltando gli zingari felici, letta dall'autore, che peraltro appare fuori luogo. L'album è stato realizzato artigianalmente, ma dignitosamente da Storie di Note, piccola etichetta di qualità.
di Giovanni M. Ripoli